PATTI SMITH
Tra le voci femminili più rivoluzionarie della musica non possiamo non citare Patti Smith, l'enigmatica sacerdotessa del rock che, con la sua voce graffiante, dolente e febbrile, ha segnato la storia del rock.
Originaria di Chicago, ma cresciuta a Pitman, Patricia Lee Smith approda a New York nel 1967. È una ragazza-madre e scrive le sue prime poesie affascinata dalle figure di poeti "maledetti", come Jim Morrison o Lou Reed. I primi anni della vita della Smith a New York sono molto difficili, vivendo con cinque dollari al giorno e dormendo sulle scale esterne degli edifici o nella casa del fotografo Robert Mapplethorpe, con il quale ha un'intensa storia d'amore tra passioni, arte e droga.
Agli albori della nascente scena punk newyorkese, arriva il suo primo album "Horses" del 1975, che le vale subito un enorme successo nel circuito underground americano. Questo disco porta un nuovo linguaggio musicale: un'università tra recitazione "free form" e musica.
Ottenuto il successo internazionale con il suo terzo album in studio "Wave" (1979), Patti Smith si ritira dalle scene, rifugiandosi a Detroit, in cerca di intimità familiare. Nel frattempo, però, il suo stile ha aperto una breccia nel rock, i suoi acuti dirompenti e i suoi ululati da belva in gabbia hanno distrutto definitivamente la tradizione del "bel canto", aprendo la strada a voci "ruvide" di forte matrice punk.
Alla fine degli anni ‘70, abbiamo assistito all'affermarsi della New Wave inglese e di nuove carismatiche icone femminili (come ad esempio Siouxsie Sioux, cantante e leader dei Siouxsie and the banshees); è impossibile negare quanto la lezione di Patti Smith sia stata fertile e illuminante: anche nel nuovo millennio, si conferma un personaggio idolatrato verso cui nutrono rispetto persino le generazioni più giovani.
Una figura da proteggere, amare, salvaguardare
. Una sciamana della musica che, con la sua voce, ha ipnotizzato milioni di persone, dimostrandosi più viva e veemente di tante nuove voci già pronte per la mummificazione.
MIA MARTINI
“Mimì”: è questo il soprannome dato a Mia Martini, di sicuro una delle voci più belle che la musica italiana contemporanea abbia conosciuto, tristemente morta in balia dei suoi demoni, che caratterizzarono la sua carriera e il suo stile, forse tutt'oggi irripetuto.
Domenica Rita Adriana Bertè, nata a Reggio Calabria, è la seconda di quattro figlie: Leda, Adriana, Loredana e Olivia. Il rapporto dei genitori, già traballante, peggiora a tal punto da fare andare via di casa il padre, dopo la nascita di Adriana, poiché egli, in cuor suo, avrebbe voluto un figlio maschio e a Mimì rimproverava la poca passione per le materie umanistiche.
Questo vuoto lasciato dal padre verrà colmato dal legame indissolubile con la sorella Loredana, con cui muoverà i primi passi per incoronare il sogno che la porterà al successo: la musica. E’ a Roma che comincerà a muovere i primi passi,assieme al futuro Renato Zero e a sua sorella. Il talento, che forse superava quello degli altri componenti del trio, venne riconosciuto da Alberigo Crocetta, fondatore del Piper e produttore discografico che la tenne sotto la sua ala.
La strada per il successo venne spianata grazie all'uscita di "Minuetto", capolavoro scritto da Franco Califano e poi elogiato dalla voce di Mia Martini, e anche, nell'89, di "Almeno tu nell'universo", poi ancora di "Gli Uomini non cambiano", questa volta scritta dall'amore più importante nel suo percorso di vita e artistico: Ivano Fossati, autore che scriverà, oltre che per lei, successi per il panorama musicale femminile, che tutt'oggi sono in tutto e per tutto dei classici.
Dopo una vita piena di riconoscimenti, Festivalbar e diversi premi al Festival di Sanremo, al quale parteciperà più volte, il mito di Mia Martini comincia a scomparire e a lei venne dato l'appellativo di "porta sfortuna". La situazione si aggravava anche fisicamente per Mia: le era stato diagnosticato prima un fibroma all'utero, che lei, con la paura che l'intervento intaccasse la sua voce, rimandò continuamente.
Forse è questa la causa che la portò alla morte. Domenica Rita Adriana Bertè viene ritrovata senza vita, nel suo appartamento di Cardano del Campo, il 14 maggio 1995, con in mano il suo walkman e addosso le sue cuffiette: una perdita incolmabile per la musica di sempre.
Simone Ceci e Antonio Amsdem
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