Al giorno d’oggi, si è soliti pensare a svariati avvenimenti del passato in un contesto moderno, come l’influenza culturale e linguistica di altre nazioni, per esempio nell’utilizzo di termini anglofoni, oppure, all’opposto, il cercare di cancellare qualcosa o qualcuno dalla storia, cosa che abbiamo visto con la cancel culture: però, siamo certi che tutto ciò sia strettamente moderno?
La risposta è no: basta guardare al mondo antico, per vedere come molte problematiche odierne siano già successe nell’antichità e anche osservare come, alla fine, il risultato di “contaminazione” o di “cancellazione” sia simile nel tempo.
Le influenze culturali di alcune nazioni rispetto ad altre non sono avvenimenti rari, come nell’antica Roma, dopo la conquista della Grecia: se quest’ultima fu militarmente conquistata dalla prima, Roma fu culturalmente conquistata dalla Grecia; tuttavia, non tutti i Romani furono fin da subito a favore di tale diffusione: ci fu chi appoggiò la sovrapposizione della cultura ellenica, come nel circolo degli Scipioni, e chi vi si oppose, come Catone il Censore. Ma, alla fine, prevalse la diffusione della cultura ellenica: infatti, nella lingua latina, possiamo trovare molti grecismi, presenti anche nella lingua italiana; inoltre, il greco, tramite la κοινη (koiné), una “versione semplificata” del greco, divenne una lingua veicolare, cosa che oggi è l’inglese.
Bisogna comunque ricordare che anche la cultura italiana stessa non ha origine da un solo popolo, poiché la nostra penisola ha ospitato molti gruppi etnici e culture diverse; quindi, il fatto che sia normale che ci siano influenze culturali e linguistiche è anche alquanto scontato.
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Tuttavia, anche l’odierna cancel culture non è qualcosa di moderno. Bisogna, infatti, nuovamente tornare nell’antica Roma, in cui c’era la damnatio memoriae, punizione che consisteva nella cancellazione di ogni ricordo di chi avesse commesso qualcosa di estremamente grave: era, quindi, una punizione a dir poco esemplare, ma… è stata anche efficace? Probabilmente no.
Basti pensare che noi oggi conosciamo svariati personaggi di notevole importanza che sono stati colpiti dalla damnatio memoriae, come per esempio Nerone, Caligola, Marco Antonio e molti altri ancora, a testimonianza del fatto, quindi, che non fu efficace: infatti, abbiamo comunque avuto modo di ottenere informazioni riguardo a questi personaggi, di cui non c'è stata alcuna cancellazione, cosa che attualmente sarebbe ancora più complicata, grazie ad Internet.
Altre “stranezze” sembrerebbero prettamente moderne, ma, invece, già anni fa avevano fatto scalpore: oggi, la vendita dell'acqua con cui si fa la doccia, da parte di un influencer, sembra qualcosa di assolutamente originale? La risposta è nuovamente no: nel 1864, quando Garibaldi arrivò a Londra, di lui fu persino venduta l’acqua con cui egli si era sciacquato la faccia. Per avere ulteriori esempi, però, bisogna ancora una volta tornare nel mondo antico: anche nell’antica Grecia, gli atleti olimpionici avevano così grande importanza e fama che di loro veniva perfino venduto il sudore.
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Che, poi, molte cose siano cambiate è normale quanto ovvio; addirittura, nel tempo, la percezione riguardo ad alcune consuetudini non è semplicemente cambiata, bensì è divenuta l’esatto opposto: al giorno d’oggi, si tende a considerare l’azzurro come un colore maschile e il rosa come femminile; ma quanti sanno che prima era l’esatto opposto? In una rivista, l’Earnshaw’s Infants' Department, nel 1918, fu scritto che il rosa era più adatto ai maschi mentre il blu alla femmine. Anche in molte culture orientali si trova che il rosa, poiché deriva dal rosso che in queste popolazioni simboleggia virilità, è considerato un colore maschile: la percezione del rosa, infatti, è cambiata in Occidente solo dalla seconda metà del ‘900, epoca da cui è diventato un colore femminile.
Questo non è l’unico caso, perché, infatti, sebbene oggi sia le gonne sia i tacchi siano visti come indumenti femminili, in passato non è sempre stato così: le gonne tutt’oggi in alcune culture, come in quella sarda e in quella scozzese, o anche in alcune civiltà africane e asiatiche, sono viste come indumenti maschili; ma già nell’antica Grecia erano considerate virili. Invece i tacchi, nel XVI secolo, erano spesso usati da uomini di alto livello, come per esempio dall’aristocrazia francese, e nel XVII secolo anche dall’alta borghesia.
Conoscere la storia è più interessante di quel che sembra, perché da essa si possono ricavare in anticipo alcune possibili domande, poiché di fatto spesso essa si ripete, motivo per cui approfondirne lo studio è molto importante.
Ma, oltre a dare risposte, la storia continua a offrire anche domande e spunti di discussione e riflessione, invitandoci a osservarla anche nella prospettiva delle società a noi precedenti e a farne tesoro per capire, forse, anche quelle future.
Diego Mondin
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