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FAST FASHION - (S)LOW LIFE QUALITY

Immagine del redattore: Fuori RegistroFuori Registro

Aggiornamento: 15 feb

 Un fenomeno sta dominando l'industria della moda negli ultimi decenni, trasformando profondamente il modo in cui si considerano e si consumano vestiti e influenzando la cultura globale: è il fast fashion. Questo termine si riferisce alla produzione e alla distribuzione rapida di abbigliamento a basso costo, spesso ispirato alle ultime tendenze della moda, con l'obiettivo di mettere nuovi prodotti sul mercato in tempi brevissimi. Se ha democratizzato l'accesso alla moda, ha anche sollevato numerosi interrogativi riguardo alla sostenibilità, all'etica e all'impatto ambientale.

Il concetto è emerso negli anni '80, con marchi come Zara, H&M, Shein e Primark, che hanno rivoluzionato il mercato, offrendo abbigliamento trendy a prezzi accessibili. L'idea era quella di creare collezioni ispirate ai grandi stilisti, ma prodotte in tempi molto più rapidi e a costi molto inferiori. In questo modo, i consumatori potevano acquistare vestiti nuovi e alla moda senza dover spendere una fortuna. Le catene di fast fashion, infatti, rilasciano nuove collezioni praticamente ogni settimana, innescando una continua spirale di consumo.


Nonostante i vantaggi economici e l'accessibilità, il fast fashion ha un impatto devastante sull'ambiente: la rapida produzione di abbigliamento implica l'uso intensivo di risorse naturali, come l'acqua e l'energia. Inoltre, i materiali sintetici utilizzati, come il poliestere, sono difficili da riciclare e, una volta finiti in discarica, possono impiegare centinaia di anni per decomporsi. La produzione di tessuti sintetici emette altresì grandi quantità di micro plastiche, che finiscono per inquinare i mari e danneggiare la fauna marina. L’aumento dei rifiuti tessili ha fatto sì che ogni anno vengono gettate via milioni di tonnellate di vestiti, molti dei quali non vengono riciclati e finiscono nelle discariche.


Un altro aspetto controverso del fast fashion riguarda le modalità di lavoro nelle fabbriche in cui vengono prodotti i vestiti: molti brand si affidano a fabbriche situate in Paesi in via di sviluppo, dove i salari sono bassi e le normative sul lavoro spesso non sono applicate. I lavoratori, in particolare le donne, sono costretti a lavorare in condizioni precarie, con orari lunghi e senza adeguate tutele, facendo sì che vengano a mancare, di conseguenza,  perfino i diritti umani più basilari.


Questa mentalità ha anche creato una pressione sui consumatori, che si sentono costantemente stimolati ad acquistare nuovi capi per stare al passo con le tendenze, rinunciando a una moda più sostenibile e duratura.


Negli ultimi anni, tuttavia, questa tendenza ha iniziato a subire critiche crescenti e diverse iniziative stanno cercando di affrontare le problematiche a essa correlate: alcuni brand stanno cercando di adottare pratiche più sostenibili, utilizzando materiali ecologici e offrendo programmi di riciclo dei vestiti. In parallelo, si sta affermando una crescente consapevolezza tra i consumatori, i quali stanno cominciando ad optare per altre alternative, come ad esempio il riutilizzo dei vestiti esistenti.


Venere degli stracci                Michelangelo Pistoletto
Venere degli stracci Michelangelo Pistoletto

Il fast fashion ha senza dubbio trasformato l'industria della moda, offrendo un accesso senza precedenti ai capi più trend a prezzi bassi. Tuttavia, questo modello ha portato con sé gravi conseguenze sociali e ambientali. Per affrontare le sfide del futuro, è necessario un cambiamento radicale nel modo in cui si pensa alla moda, privilegiando scelte più ecologiche e responsabili: solo così si potrà garantire un equilibrio tra innovazione, estetica e rispetto per il pianeta e le persone.





a cura di Arianna Ritarossi

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